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Testimonianze della preistoria: fossili

Testimonianze della preistoria

Indice articoli

Recoaro Terme è celebre per l'acqua oligominerale Lora che viene attualmente commercializzata, e per le altre acque minerali che sono utilizzate nelle terme delle Fonti Centrali, fin dalla loro scoperta nel 1689. 
Anche dal punto di vista geologico, il territorio recoarese risulta molto ricco, con una vastità di differenti tipi di rocce affioranti che furono di spunto al geologo veronese Giovanni Arduino per la suddivisione in ere geologiche ancora oggi usate. 

In particolare a Recoaro affiora la fillade quarzifera (detta in dialetto locale lardàro o ardàro): roccia metamorfica, molto friabile, che costituiva un'antichissima catena montuosa.
Grande testimonianza del Triassico, l’area di Recoaro è ancora oggi studiata e mostra strati di grandissima importanza: dalla formazione di Werfen, a metri di dolomie evaporitiche, dagli Strati a Voltzia agli Strati di Calcare di Recoaro.

Fillade Quarzifera

geologia fillade quarzifera

La fillade è una roccia metamorfica che subisce processi legati ad alte temperature ed alte pressioni, a grana fine, che solitamente si forma da sedimenti pelitici (fango e argilla molto fini).
In particolare, la fillade quarzifera, in tutto il recoarese, è rappresentata da una litologia basata su un insieme di minerali della classe dei fillosilicati e da quarzo lattiginoso (dall'aspetto bianco-ceruleo).
I minerali fillosilicati appaiono in sezione come delle micro-fogliette adese le une dalle altre, che per questo tipo di impacchettamento vengono denominate filladi. L'aggiunta del termine quarzifera va motivato dalla presenza del quarzo all'interno delle filladi.

Le filladi costituiscono il basamento cristallino delle prealpi venete ed hanno subito tali pressione e stress deformativi da far loro assumere questo aspetto fogliettato.
Tra i componenti essenziali, miche e cloriti sono quelli che le conferiscono la caratteristica lucentezza e la colorazione grigio-verde o grigio-argentea.


Permiano

fiumi, depressioni lacustri, fitta vegetazione e rettili preistorici

geologia permianoE’ l'ultimo dei sei periodi in cui è divisa l'era geologica delPaleozoico, il periodo più antico che viene rappresentato dalle rocce della valle dell'Agno, da circa 299 a circa 251 milioni di anni fa. In quel periodo, il territorio era nelle vicinanze della parte più interna della Tetide (un profondo e vasto golfo marino aperto verso l'oceano) ed erasolcato da fiumi e munito di depressioni lacustri. Il clima, caldo, consentiva lo sviluppo di una rigogliosa vegetazione (pteridofite quali felci arborescenti, licopodi, equiseti ed anche gimnosperme quali cordaitali, ginkgoali e conifere) ed anche la diffusione di tetrapodi, in particolare rettili di varie dimensioni: dai Lepidosauri di piccole e medie dimensioni, ai grandi Pareiasauri con impronte anche di 30 cm, una lunghezza fino a tre metri e peso di quasi una tonnellata.
Questa piana alluvionale era molto vicina dal mare, e alla fine del Permiano si erano creati ambienti costieri sovrassalati (sabkha) soggetti a forte evaporazione e testimoniati da strati di gessi e dolomie evaporitiche. Fu tuttavia una fase transitoria, che anticipò la trasgressione marina che ne seguì e che portò alla formazione di un ambiente marino costiero con acque poco profonde. 
Questo ambiente è documentato nella formazione a Bellerophon, assai povera di fossili, che prova un ambiente complessivamente inospitale. I pochi fossili sono di alghe, foraminiferi e piccoli molluschi.


Triassico 

dal mare profondo alle piane di marea salatissime

Nella scala dei tempi geologici, il Triassico è la prima epoca dell'Era Secondaria o mesozoica, compresa tra circa 251 e 199  milioni di anni fa.
L'area di Recoaro rappresenta una delle più straordinarie testimonianze del Triassico (245 - 195 milioni di anni fa) presenti nel mondo, tanto da essere profondamente studiata tutt'oggi a livello internazionale. Tale fortuna è da attribuirsi all'eccezionale posizione che occupava l'area: questa sorta di piattaforma che congiungeva l'ambiente continentale (rappresentato a Sud da una catena montuosa denominata Belt Mobile Meridionale) ed il mare aperto (verso Nord-Est). 
In questo periodo il territorio è un ambiente marino con fauna piuttosto variegata, comprendente foraminiferi, molluschi, ofiure e stelle di mare
Le rocce che portano testimonianza di questo ambiente sono note come formazione di Werfen: rocce diverse a seconda della consistenza dei materiali che venivano trasportati all'interno della piana marina. Le rocce della formazione di Werfen presentano caratteri diversi anche perché l'ambiente in questione resta a lungo una zona contesa tra continente e mare.

Successivamente a questa fase marina, nell'area si ebbe un periodo di transizione caratterizzato da una tendenza evaporitica associata ad una brusca diminuzione degli apporti terrigeni: l'ambiente si organizzò in piane di marea sovrassalate, testimoniate da strati di gessi e dolomie evaporitiche. Si depositò quindi, sopra gli strati della formazione di Werfen, uno strato di una ventina di metri di dolomie evaporitiche, denominate oggi come unità della Dolomia del Serla Inferiore, del tutto prive di fossili.

Triassico medio: Anisico

lagune fangose, bacini marini e tantissima vita

geologia triassico anisicoL'Anisico è il primo dei due stadi stratigrafici in cui viene suddivisa l'epoca del Triassico Medio, che è a sua volta una suddivisione del Triassico, e va da circa 246 a 237 milioni di anni fa.
Durante l'Anisico, la situazione mutò notevolmente. La vicinanza a Sud con il continente e la contemporanea vicinanza del mare aperto, consentivano l'instaurarsi divaste lagune fangose di varia profondità. Il fondale di queste lagune era ricchissimo di vita. Le aree più riparate dagli apporti fluviali di fango erano ricoperte dicrinoidi della specie Dadocrinus gracilis, mentre i fondali fangosi erano popolati da una ricca varietà di animali invertebrati: foraminiferi, vermi, oloturie, ofiure, stelle di mare, primitivi brachiopodi, ma soprattutto da molluschi gasteropodi e bivalvi. 
Le rocce che rappresentano questo ambiente appartengono alla Formazione a gracilis e si sono formate dalla stratificazione del fango argilloso portato continuamente alle lagune dai fiumi costieri.

Al passaggio nel periodo Pelsonico (parte di Anisico), sotto il continuo apporto di sedimenti fangosi da parte dei corsi d'acqua, le lagune iniziarono ad interrarsi, dando origine a delle pianure salmastre con periodi soggetti a fasi climatiche caldo aride. 
L'ambiente non è facilmente definibile, in quanto era chiaramente di transizione, presentando talora caratteri decisamente continentali (resti di piante, impronte di rettili), in marini. Non mancano quindi livelli di gesso o di dolomie evaporitiche (testimonianza dei periodi di aridità) ed i fossili rappresentanti dei diversi ambienti. 
La vicinanza dell'ambiente continentale è testimoniata da impronte di rettili e dai resti della pianta terrestre Voltzia recubariensis. Dal nome di questa pianta prende il nome il complesso di depositi denominati appunto Strati a Voltzia, costituiti da marne, siltiti di piana alluvionale e arenarie.

geologia triassico anisicomarinoSuccessivamente, l'ambiente di transizione rappresentato dagli Strati a Voltzia assunse una chiara definizione marina: nacque infatti un bacino marino non molto profondo ricchissimo di vita. In questo contesto si depositarono gli strati del Calcare di Recoaro, che contengono una eccezionale fauna fossile famosa e studiata in tutto il mondo. Vi si trovano fossili di numerose specie di brachiopodi, tra cui la frequentissimaTetractinella recubariensis, molti resti di grossi crinoidi, molte specie di gasteropodi e bivalvi (tra cui Lima taramellii), celenterati, briozoi, echinoidi. 
Più rari sono i pesci ossei ed i rettili marini, che comunque dovevano essere presenti nel bacino Recoarese. La comunicazione probabilmente temporanea con il mare aperto è testimoniata dai rarissimi resti di ammoniti.

Nell’Illirico (un altro sottopiano dell’Anisico), questo ambiente lagunare venne sconvolto in conseguenza di una emersione: si formarono nuovamente vaste pianure alluvionali soggette ad erosione, in cui si depositarono terre argillose e siltiti note oggi come conglomerato del Tretto. 
Successivamente all'emersione il livello marino iniziò una lenta risalita, determinando a poco a poco un ambiente di lagune poco profonde, con un ricambio solo superficiale delle acque e, quindi, povere di ossigeno. 
Tuttavia l'ambiente era ricco di vita, con fossili che documentano la presenza di crinoidi, oloturie, molluschi, brachiopodi, pesci, nautiloidi, rare ammoniti e in alcuni punti (dove le condizioni lo permettevano) addirittura coralli. Questo ambiente è testimoniato da calcari impuri di terrigeno, solitamente piuttosto scuri, molto ricchi di sostanza organica noti sotto il nome di calcare a Sturia (dal nome di un raro fossile di ammonite che vi si è trovato: Sturia sansovinii).

Successivamente, il Recoarese diventò una zona costiera ad acque poco profonde, calde e limpide. Appartenenti a questo periodo sono gli strati rocciosi noti come calcare di Monte Spitz e formazione a Nodosus.

geologia triassicoSuccessivamente, un brusco abbassamento del livello marino portò parte del Recoarese in emersione. Oltre a ciò, iniziò una fase di intensa tettonica, che portò l'area ad essere interessata da attività vulcanica. Localmente, dei centri vulcanici si misero in attività, producendo grandi quantità di lave e materiali vulcanoclastici, cheriempirono i restanti bacini marini della zona comportando condizioni nettamente subaeree. 
Si presentò dapprima una prima fase in cui si formarono colate laviche, spesso sottomarine, con caratteristiche acide e con vulcanismo di tipo esplosivo. In questa fase, le lave lacerarono gli strati rocciosi preesistenti, raffreddandosi nelle spaccature e formando filoni ancora oggi affioranti in superficie. Una seconda fase vide i magmi intrudersi nei piani di stratificazione, sollevandoli e generando ammassi lenticolari (laccoliti). Un esempio piuttosto noto di questa fase è alla base della catena del Monte Baffelan e del Monte Cornetto, dove il laccolite è parzialmente coperto da rocce sedimentarie, in seguito erose in forme dolomitiche.
La roccia più tipica dei fenomeni vulcanici per risalita di magmi profondi è il basalto, che può presentarsi in vari tipi.

Voltzia recubariensis

L’ordine Voltziales è l’ordine ormai estinto di conifere primitive distribuite dal Carbonifero al Mesozoico. Indica un gruppo di vegetali che posseggono foglie piccole che si inseriscono a spirale sui rami e organi di riproduzione intermedi tra quelli delle Cordaitopsida e delle Conifere moderne (nelle prime i coni degli strobili recanti gli ovuli sono morfologicamente identici ai coni polliniferi, mentre nelle seconde sono morfologicamente differenziati).
Oltre al genere Voltzia, con la specie Voltzia recubariensis, fanno parte di questo ordine i generi Lebachia ed Ernestiodendron.

geologia voltzia recubariensis


Triassico superiore: Carnico

erosioni e vulcani

Entriamo nel periodo Carnico, tra i 229 ed i 216 milioni di anni fa, ed il nuovo ambiente continentale, viene interessato da una forte erosione. I detriti derivanti da questa fase costituiscono un'unità stratigrafica nota con il nome di gruppo di Raibl. I rilievi derivati dall'attività vulcanica, fecero spazio ad una pianura soggetta ad erosione e a locali allagamenti, che aveva zone emerse e altre zone di bassa e bassissima profondità.

Lo strato che testimonia tale ambiente è la Dolomia principale, che presenta sottili laminazioni (stromatoliti) in corrispondenza dei periodi di bassissima profondità (sviluppo di tappeti algali), o porzioni più consistenti (relative a maggiori profondità), in cui vi sono le impronte o i modelli interni di bivalvi e gasteropodi.


Giurassico

dal mare poco profondo alle isole paludose e ricche di vita

geologia giurassico amonitiDurante il primo periodo del Giurassico i rilievi costituitasi nel Recoarese alla fine del Triassico furono appianati del tutto: si formò un ambiente marino poco profondo, analogo a quello da cui era interessata l'intera regione veneto-trentina. Questa "Piattaforma Veneta" era limitata ad occidente dal profondo Bacino Lombardo e ad oriente da un profondo braccio di mare ("Solco Bellunese"), che la separava da un'analoga struttura nota come "Piattaforma Friulana". Queste piattaforme potevano comprendere zone paludose o addiritturaisole. Questi ambienti erano molto ricchi di vita, con condizioni climatiche molto simili alle attuali aree tropicali: i bassi fondali erano popolati da crinoidi, brachiopodi, gasteropodi e bivalvi (tra cui l'interessantissimo Lithiotis problematica) e le aree emerse erano coperte di unafolta vegetazione, in particolare piante del genere delle Bennettitali. La formazione che registra la varietà di questo ambiente è nota col nome di Calcari grigi, che prendono il nome di Membro di Rotzo quando testimoniano l'ambiente emerso.

A partire dal giurassico medio, complessi movimenti tettonici portarono ad un progressivo sprofondamento della piattaforma, che divenne una piana sottomarinapiuttosto profonda e povera di ossigeno. Queste vicende hanno provocato un'ampia lacuna stratigrafica e così, al di sopra dei Calcari Grigi, troviamo pochi metri di calcari nodulari rossi che corrispondono alla formazione del Rosso Ammonitico Veronese. Questo strato, che nella Valle dell'Agno affiora soltanto sul fondo della Val di Rialbo (in località Novale di Valdagno), presenta, seppure in modeste quantità, testimonianze fossili tipiche di un ambiente pelagico: ammoniti e belemniti.

Rosso Ammonitico Veronese

Il Rosso Ammonitico indica uno strato di calcari e calcari marnosi mal stratificati, con tessitura nodulare, caratterizzati generalmente (anche se non necessariamente) da una notevole frequenza di ammoniti fossili, e dal colore rosso o rosato (ma sono frequenti anche toni violacei e verdi) a causa dell'ossidazione del ferro. I noduli formano allineamenti irregolari e sono spesso deformati e appiattiti nel senso della stratificazione. Possono essere molto addensati, fino ad essere compenetrati, di colore più chiaro ed elevato tenore in carbonato di calcio, sotto forma di calcite.
In passato era utilizzato come pietra da costruzione (un esempio monumentale è l'Arena di Verona), ma attualmente la cavatura industriale del rosso ammonitico è soprattutto in funzione del suo utilizzo come pietra ornamentale, sia per interni che per esterni, per la bellezza delle sue sfumature. Gli impieghi prevalenti sono nel settore dei pavimenti, ma è utilizzato anche per l'assemblaggio di scale, rivestimenti, colonne, balaustre, stipiti, cornici, caminetti, lavori di scultura.
Insieme a quello di Carrara, il distretto produttivo veronese rappresenta il principale polo italiano per la produzione di marmi e agglomerati, e uno dei maggiori e più rinomati a livello internazionale.

geologia rosso ammonitico veronese01


Cretaceo

un bacino marino profondo, ossigenato e ricco di vita

geologia giurassico mareSiamo arrivati al periodo compreso tra circa 145 e circa 70 milioni di anni fa. 
L'ambiente assunse un carattere decisamente pelagico. Ciò è testimoniato dal complesso di rocce appartenenti alla formazione del Biancone, costituito da un calcare finissimo in cui si trovano microscopici gusci di radiolari e foraminiferi e cospicui noduli di selce (formatisi durante la diagenesi). Nella parte superiore di questi strati calcarei si nota un progressivo aumento delle sostanze organiche, fino alla comparsa di livelli bituminosi (come il Livello Bonarelli chiaramente affiorato nel corso degli scavi per il Tunnel Valdagno-Schio) in cui si rinvengono rari resti di pesci e noduli di solfuri (marcasite e pirite). 
Successivamente, l'ambiente marino divenne sempre più ossigenato ed assunse la conformazione di un bacino marino profondo diverse centinaia di metri e lontano da aree emerse. Questa situazione è registrata nella Scaglia Rossa Veneta. I fossili che vi si trovano sono piuttosto pochi e sono costituiti da grandi bivalvi (Inoceramus sp.), brachiopodi, echinidi (tra cui il fossile guida Stenonia tubercolata), resti di pesci e di grandi rettili marini (Mesosauri), predatori dei cefalopodi.

Biancone

Il biancone, o bianco di Verona è una roccia sedimentaria, di colore che va dal bianco latte (talvolta con leggere spalmature rosate e verdastre), al bianco avorio, da cui il nome dato al litotipo. Si tratta di un calcare pelagico chiaro, a grana finissima ed a frattura concoide, che presenta una struttura micritica parzialmente nodulare che richiama, anche per la colorazione, alcune varietà bianche del Rosso Ammonitico Veronese.
Nella matrice micritica si individua una scarsa microfauna fossile, pseudooliti, peloidi e frequenti strutture stilolitiche marcate da ossidi e idrossidi ferrosi.
I principali affioramenti geologici si trovano nelle Alpi e Prealpi Venete, in provincia di Vicenza ed in particolare in quelle di Verona e Trento.

geologia biancone

Scaglia Rossa Veneta

La Scaglia Rossa Veneta è un calcare marnoso rosato, nella parte inferiore fratturato in piccoli elementi e con presenza di selce, nella parte superiore fratturato e di colore rosso con depositi di marne, argille e croste mineralizzate. Contiene fossili di molluschi, quali ammoniti e il Lamellibranco Inoceramus (fossile guida), nonché echinodermi e vertebrati marini come squali, tartarughe e rettili.
Il termine Scaglia deriva dall’attitudine di questa roccia a lasciarsi suddividere in strati regolarissimi e planari di piccole dimensioni, dovuti alla stratificazione molto fitta ed a sistemi di fratture di origine tettonica.
La serie, che localmente viene chiamata anche Lastame, conta oltre settanta strati ad ognuno dei quali i cavatori hanno dato un nome. Questa roccia in alcune zone viene chiamata anche pietra di Prun o pietra della Lessinia.

geologia scaglia rossa veneta 


Paleogene: Eocene

vulcani in eruzione e periodi di quiete

Con l'aprirsi dell'eocene, l'area dei monti Lessini venne interessata da notevoli fenomeni vulcanici, specialmente lungo una struttura vulcano-tettonica nota come Graben dell'Alpone-Agno, che costituì una fascia interessata da vulcanismo subaereo e sottomarino. Si tratta di un'intensa attività, interrotta di tanto in tanto da lunghi periodi di relativa quiescenza. Le lave sottomarine, a causa del rapido raffreddamento, risultavano soggette ad un'erosione talmente rapida da sedimentarsi in poco tempo all'interno del graben stesso, assieme ad altri prodotti del vulcanismo subaereo esplosivo.
Queste intense fasi vulcaniche sono testimoniate dai cospicui accumuli di rocce vulcanoclastiche o dibasalti di colata, nonché da tufiti, laddove ne era consentita la sedimentazione. In particolare, sul fondo del Graben, si accumularono saltuariamente materiali detritici di tipo vulcanico, che costituirono fondali mobili ricchi di vita. Le tufiti eoceniche testimoniano un ambiente marino poco profondo ed ossigenato, presentando fossili di coralli, echinidi, molluschi, ecc. Successivamente, l'attività vulcanica conobbe un periodo di quiete durante il quale iniziarono a depositarsi sul fondo del Graben dei depositi calcarei di mare basso, noti oggi col nome di calcari nummulitici (dal nome delle nummuliti: foraminiferi dal guscio calcareo di cui le rocce calcaree dell'eocene sono ricchissime). Le condizioni climatiche erano di tipotropicale, con un ambiente ricchissimo di vita: coralli, echinidi, crostacei, spugne, molluschi, ecc.

geologia giurassicoUn discorso a parte merita l'interessantissimo giacimento fossilifero delle Fosse di Novale.
In alcuni punti del Graben, i fenomeni vulcanici si erano manifestati a tal punto da provocare zone di emersione, dando al Graben stesso quasi la fisionomia di una dorsale. Lungo questa dorsale, l'esplosione di un apparato vulcanico avrebbe determinato una depressione, che sarebbe stata colmata dall'acqua formando unbacino salmastro parzialmente in comunicazione con il mare. La vicinanza con la terra emersa e la parziale comunicazione con il mare possono spiegare perché in questi strati marnosi si trovino abbondanti resti vegetali, ma anche molluschi, resti di pesci e addirittura di un insetto: il Carabus novalensis.

Un altro caso molto importante è quello dellaformazione di Priabona. L'area dove attualmente sorge il comune di Monte di Malo era, in tempi eocenici, caratterizzata dalla presenza di una dorsale vulcanica. La formazione di Priabona rappresenta la riconquista del mare di queste aree emerse: si tratta cioè di una trasgressione marina. Si instaurò così un ambiente marino poco profondo, con clima tropicale, ricco di vita.

Paleogene: Oligocene

vaste lagune di acqua limpida e isole vulcaniche

Tra i 36 ed i 24 milioni di anni fa, la restante parte della Valle dell'Agno, trovandosi in condizioni più elevate rispetto a quella della dorsale vulcanica priaboniana, fu raggiunta dal mare. Le sequenze di rocce oligoceniche derivano particolarmente dagli apporti terrigeni derivanti dai processi di erosione della neo-formata catena Alpina. Cominciò a formarsi una barriera corallina, che delimitava (assieme all'area emersa) una vasta laguna con acque limpide, calde e ben ossigenate, relativamente poco profonda. Le rocce sedimentatesi all'interno di questa laguna prendono oggi il nome di Formazioni o Calcareniti di Castelgomberto
Queste rocce testimoniano, mediante fossili generalmente ben conservati, un ambiente ricchissimo di vita. Oltre a ciò, nel bacino, vi erano anche isole vulcaniche più o meno grandi ricoperte di vegetazione (queste sarebbero all'origine dei banchi lignitici nei dintorni di Sovizzo, ad esempio). Nell'Oligocene superiore, la laguna protetta dalla barriera corallina doveva trovarsi oramai in condizioni emerse.


Neogene: Miocene

dal mare basso alla definitiva emersione

geologia miocene emersioneNel corso del successivo Miocene, il mare riprese possesso dell'area con un'ampia trasgressione, determinando nuovamente condizioni di mare basso. Questo ambiente è testimoniato dai ritrovamenti fossiliferi dell'Arenaria di S. Urbano, dove si trovano resti di echinidi, molluschi, denti di pesci (tra cui il Carcharodon megalodon, antenato dello squalo bianco). 
Queste condizioni erano tuttavia piuttosto variabili. 
Dopo una breve fase in cui il bacino divenne man mano più profondo, iniziò una opposta fase di regressione marina, che portò progressivamente l'area Lessinica e Berica, alla fine del Miocene, in condizioni di definitiva emersione. Dopo questa fase iniziarono a formarsi, per effetto del carsismo, i reticoli idrici all'interno delle formazioni carbonatiche (soprattutto Calcari nummulitici, Calcareniti di Castelgomberto).

Nacquero così grotte come il Buso della Rana, la Grotta della poscola e l'ambiente cominciò ad assumere le sembianze odierne.